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domenica 7 marzo 2010

faber


"Cioran, uomo di grande lucidità, diceva che la vita, più che una corsa verso la morte, è una disperata fuga dalla nascita. quando veniamo al mondo affrontiamo una sofferenza e un disagio che ci portiamo avanti tutta la vita, quelli di un passaggio traumatico da una situazione conosciuta all'ignoto. questo è il primo grande disagio. il secondo, non meno traumatico, è quando ci rendiamo conto che dovremo morire. per me questa spaventosa consapevolezza è arrivata verso i quattro anni. l'uomo diventa "grande", diventa spirituale o altro, quando riesce a superare questi disagi senza ignorarli. ora, se a essi si aggiunge anche l'esercizio della solitudine, ecco che allora forse, a differenza di altri che vivono protetti dal branco, alla fine della tua vita riesci a "consegnare alla morte una goccia di splendore" come recita quel grande poeta colombiano che è Alvaro Mutis. se ti opponi, se ti rifiuti di attraversare e superare questi disagi, per sopravvivere ti organizzi affinchè siano altri a occuparsene e deleghi. questa rinuncia ti toglie dignità, ti toglie la vita. credo che l'uomo, per salvarsi, debba sperimentare l'angoscia della solitudine e dell'emarginazione. la solitudine, come scelta o come costrizione, è un aiuto: ti obbliga a crescere. questa è la salvezza."

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