Ti svegli alle sei, come spesso. E sei in un Paese lontano, dove albeggia tra i monti. Ti vesti ed esci per strada. E’ quell’ora della vita che ti capita spesso e che hai imparato a riconoscere. Un tempo ti provocava straniamento e una forma lieve di sofferenza. Poi è successo come con il dolore nei massaggi thailandesi: si trasforma in un inedito piacere. Per una questione di bilanciato fuso orario non puoi telefonare a nessuna delle persone a cui vuoi bene. Stanno dormendo o se stanno facendo altro non ti risponderebbero. Sei solo al mondo. Cammini fra templi buddisti, insegne tibetane, forni che preparano piadine esotiche. Incontri persone che ti guardano negli occhi con una determinazione tale da non farti mai abbassare lo sguardo per non deluderle. Davvero, siete anime perse che nuotano in un vaso di pesci. Ma non lo siamo tutti? Loro sono venuti a cercare qualcosa, tu l’hai trovato: un momento perfetto. Ti siedi a guardare la vallata. In questo istante nessuno si sta preoccupando per te, nessuno ti ricorda o dimentica, nessuno in alcun modo ti desidera. E’ come non ci fossi. E’ un’idea soave della morte: sei semplicemente andato da un’altra parte, con un cellulare spento, tra esseri sconosciuti. Puoi continuare ad amare quelli che sono rimasti altrove, senza conseguenze. Tu sei qui, e tu non sei. Un fuso orario ti può salvare, cancellandoti.
Gabriele Romagnoli 8 maggio 2008
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