"...Ma quello che promette la frase lunga è di portarvi oltre l'ignoto, lontano dalla costa, verso profondità e misteri che non sareste in grado di raggiungere nè con la mente nè, molto spesso, con le parole. Quando leggo il modello assoluto in questo senso, Herman Melville - o sento montare la tensione quando la Lettera dal carcere di Birmingham di Martin Luther King comincia a gonfiarsi di proposizioni bibliche elencando ogni singola cosa che la gente di colore non può fare - ho la sensazione di uscire dalla cultura affollata e fluorescente del supermercato locale, e di essere trasportato in un luogo altissimo da cui posso vedere nel tempo e nello spazio, in me stesso e nel mondo. E' come se, per un attimo, fossi stato salvato dal caos frenetico della superstrada e ricondotto a qualcosa dentro di me, dove c'è posto per la certezza e per il dubbio insieme. Io amo i libri: li leggo e li scrivo per la stessa ragione per cui amo parlare con un amico per dieci ore, non dieci minuti...Più tempo dura la nostra conversazione, meno mi sento sospinto e costretto dentro le scatole asfittiche del bianco o nero, repubblicano o democratico, noi o loro. La frase lunga è il modo in cui cominciamo a liberarci dalla meccanicità degli elenchi puntati e dalla disumanità delle caselle da barrare con un si o un no...Oggi di brevità e velocità ne abbiamo a palate. Quello che voglio è qualcosa che mi sostenga e mi allunghi finchè non scatta qualcosa, che mi porti così al di là di una semplice proposizione o di una singola formulazione da farmi ritrovare all'improvviso in un luogo spazioso e strano come la vita stessa..."
Pico Iyer - Internazionale n. 937
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