Che poi certe volte ci si casca proprio per caso, dentro alcuni libri. Mai prima della scorsa settimana avevo sentito nominare Stoner. Ha una vita banale, William Stoner, gli studi, un incarico universitario, un matrimonio che subito dopo il viaggio di nozze inizia a naufragare, una figlia molto amata e molto lontana, pochi amici, un amore. E in questa sua vita nessuna scelta radicale, nessuna "botta da matto", nessun combattimento. In apparenza un debole, uno che soccombe, un perdente, insomma. E tuttavia la sua vita in fondo assomiglia così tanto alle nostre piccole, insignificanti esistenze che non si può non ritrovare in lui qualcosa dei propri pensieri, il desiderio di non essere causa di sofferenze altrui, la ricerca interiore, la consapevolezza del dolore di ogni essere umano. Ognuno, volendo, ci trova qualcosa di quel sé che si tende a nascondere agli altri.
"Era arrivato a un'età in cui, con intensità crescente, gli si prensentava sempre la stessa domanda, di una semplicità così disarmante che non aveva gli strumenti per affrontarla. Si ritrovava a chiedersi se la sua vita fosse degna di essere vissuta. Se mai lo fosse stata. Sospettava che alla stessa domanda, prima o poi, dovessero rispondere tutti gli uomini. Ma si chiedeva se, anche agli altri, essa si presentasse con la stessa forza impersonale. La domanda portava con sé una certa tristezza, ma era una tristezza diffusa che (pensava) aveva poco a che fare con lui o con il suo destino particolare. Sorgeva, secondo lui, dall'accumularsi degli anni, dalla densità dei casi e delle circostanze e dalla comprensione che era riuscito ad averne."
"Stoner" John Williams
Nessun commento:
Posta un commento