Elenco blog personale

venerdì 17 giugno 2016

Lampedusa

Il corpo di Lampedusa assomiglia a quello di Frankenstein: membra attaccate alla rinfusa che mostrano un prodigio e un mostro. E' piccola e antica, affascinante e terrifica, accogliente e respingente. E' roccia lunare e colori. Grigio, grigioverde, blu, celeste, azzurro, turchese, verde smeraldo.
E' aspra e dolce, cattura e rifiuta.
C'è l'isola dei cani. Sono tanti, liberi e adottati. Corrono ovunque, sono ovunque, vivono di carità e trovano talvolta una carezza. Nelle ore più calde li puoi trovare addormentati che sembrano morti nelle pozze d'ombra che rare si creano.
Sono parte della popolazione, abitano, occupano, nuotano, sono ingombranti e insieme invisibili. 
Non sono curati da nessuno, sono curati da tutti, solitari, indipendenti e socievoli, schivi e dolci. Come negli antichi insediamenti accompagnano l'uomo, temendolo e amandolo.
C'è l'isola dei turisti. Sciamano di giorno in ciabatte, costume e improbabili cappelli, di sera azzimati e ripuliti, rosso corallo o nero antracite, siedono tra una colazione e un aperitivo, elegantemente annoiati, discutendo di lavoro e raccontando altri viaggi, altri orizzonti, altri mari, altre terre. Forse in un altro altrove si troveranno a raccontare la loro Lampedusa. Non qui. Qui sono distratti e vaghi, hanno ricette miracolose per aggiustare l'economia dell'isola e pontificano sciacquettando e spalmando olio solare. Si aggirano dappertutto, come cani, più inquinanti dei cani, impuzzolendo l'aria con gli scarichi delle Mehari e dei motorini presi a nolo. Si godranno la vacanza? Si faranno domande? Riusciranno ad essere, per un breve periodo, altro da sè, ad abbandonare lo sguardo fino all'orizzonte, si libereranno, si libreranno anche solo per un istante?
C'è l'isola mediatica e politica. Elefanti bianchi, giullari, nani, ballerine, acrobati, papi, presidenti, attori, giornalisti e scrittori, politici, politici, saltimbanchi. Che blaterano l'isola dell'accoglienza, della tolleranza, che si vantano e si pavoneggiano e parlano e sembrano sapere e forse sanno ma si guardano bene dal dire.
C'è l'isola di chi non si rassegna e ci prova, a combattere lo status quo, a mostrare, a ribellarsi, a raccontare, come può, con voce ferma e cuore saldo, con la freddezza della ragione e la passione dell'anima.


E c'è, infine, l'isola dei migranti. Nascosti e presenti, corpi e identità, vite spezzate e speranze di vita. Le loro storie finite, le storie che potrebbero raccontarci e che vogliamo/non vogliamo ascoltare. I loro volti nella notte, i saluti, i sorrisi, sono con me, per sempre.


Frankenstein mi ha accolta per una breve/lunghissima settimana. E' stato un tempo prezioso, ricco di luce, di incontri, di parole. Ho conosciuto tante persone interessanti, ascoltato discussioni, ho mangiato, mangiato, nuotato, camminato, imparato. Una settimana con mio figlio, che regalo più bello non esiste. Chissà se ho capito qualcosa, dell'anima di questa isola. Chissà se e quando tornerò. Alle ragazze, alle donne, ai ragazzi e agli uomini che ho incontrato dico grazie, continuate a far sentire le vostre voci, non vi arrendete, non vi abituate mai. A mio figlio dico: grazie.

Milano, 12 giugno 2016

domenica 15 novembre 2015

sabato 5 settembre 2015

Sometimes I kneel

In questa casa che è ancora/non è più la mia, denudata dei suoi riferimenti, conforti e coordinate, in questa città che sarà sempre la mia, io sottraggo, sottraggo quanto più posso, quanto i ricordi consentono, quanto basta per mantenere stabile il cuore. E tuttavia soffro.
Anch'io, per certi infinitesimi versi, sono migrante. Lascio molto. Porto tantissimo. Il lavoro, la cittadinanza, i diritti, lo status sociale. E purtuttavia avverto un minuscolo tracollo di identità, una frana piccola e gentile che include interrogativi e domande impossibili: cosa sarò/à? E mi vergogno  e mi commuovo davanti a sofferenze imparagonabili, a vite che non sono la mia, che si muovono e resistono e sperano. 

sabato 22 agosto 2015

You're missing

Stamattina, dopo un mese esatto da quando te ne sei andata, ho realizzato davvero che non ci sei più.
Ero in giro per la consueta passeggiata mattutina e il pensiero distratto è scivolato sulla consuetudine: ora torno a casa, la sveglio, la preparo, le faccio fare colazione, ho ancora tempo, è presto.
E' stato un pensiero così fulmineo che non sono riuscita ad arginarlo e subito dopo è arrivata la consapevolezza. Non ci sei più. 
Non dovrò più compiere i soliti gesti, non dovrò più strillarti, aiutarti, non vedrò più il tuo sorriso mentre mi dicevi: tu sei bella e poi ti commuovevi, sempre.
Ero preparata, non sono stata colta di sorpresa, ma non ci si può preparare veramente, mai: mi sono seduta sulla tua sedia e ho pianto.
Perdonami le urla, ciascuno dei gesti sgarbati, tutta l'insofferenza. Scusa. 

Grazie per essere stata mia guida, mio freno, mio cuore, mia figlia, Mamma.

Quentin Greban

domenica 19 luglio 2015

Io non ricordo

C'era una volta Seth, ragazzino assai intelligente, immaginifico e solitario, alle prese con la malattia di sua madre.
C'era una volta Abel, vecchio deforme e disperato, alle prese con i suoi tormentosi, deliziosi, dolorosi ricordi.
Poi c'era una volta Isidora, una dorata terra leggendaria, senza memoria, dove ogni bisogno è esaudito e ogni tristezza è dimenticata.
In tutti questi piani del c'era una volta c'è questa storia, che ci racconta l'Alzheimer.
Ci pone domande a cui non sappiamo rispondere. Perché la memoria per noi che invecchiamo è sacra, è ciò che ci fonda, ciò che ci ha costruito così, nel bene e nel male, e ci ha insegnato e ci ha forgiato gli individui che siamo, quello che ci tiene saldi al suolo, le nostre radici, i nostri antenati, il fragrante profumo della pasticceria dove andavamo con nostro padre a comprare i dolci la domenica, quel dolce crepuscolo marino in cui giocavamo nella sabbia con nostro figlio piccolo. Cose così, semplici eppure complesse. La madre che si incazza se sente parlare di fascismo, il 25 aprile, il giorno in cui la copertina dell'Unità ci ha fatto gioire con il Vietnam, la voce di Allende dalla radio, la memoria personale che incrocia quella collettiva. La memoria a lungo termine che pare non interessare un granché le generazioni cucciole. La Storia che dovrebbe insegnarci tante cose, tra cui quella di non dimenticare.
Poi succede invece per alcuni che arriva la malattia e come Benjamin Button, si procede a ritroso, ci si scorda dove abbiamo messo una pentola, il nome di un cantante, le carte che abbiamo in mano e poi e poi. Il tragitto dalla camera da letto alla cucina, il nome dei nostri cari, chi siano quelle persone che abbiamo intorno. 

"E giunse finalmente la morte di tutto ciò che la vita all'inizio porta:
La morte del parlare.
La morte del camminare.
La morte del controllo delle viscere.
La morte dello stare eretti.
La morte del nutrirsi da soli.
La morte del gattonare.
La morte del drizzarsi a sedere.
La morte del dormire di notte.
La morte del deglutire.
Quando giunse la morte definitiva, quella del battito del suo cuore, era già morto così tanto di lei che quella morte non fu diversa dalle altre, se non per il fatto di essere l'ultima.
Ma, alla fine, un modesto sollievo: dopo innumerevoli morti, dopo il rovesciamento totale di una vita, ciò che restava di mamma trovò finalmente riposo nel fragile cerchio di una bimba non ancora nata, con le ginocchia emaciate strette al petto. L'unica parola per lei in quel momento non era morta, ma ritornata."

Il dissolversi della memoria elimina la memoria del dolore? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che "accanto a questo mondo ce n'è un altro. Vi sono punti in cui si può sconfinare".

Io non ricordo - Stefan Merrill Block

domenica 22 marzo 2015

Neverland

ogni tanto la guardo e vedo la mia bimba sperduta nell'isola che non c'è. lei non lo sa ma io continuo a tenere la finestra spalancata.

sabato 9 agosto 2014

August and everything after...

 

Get right to the heart of the matters
It's the heart that matters more
I think you better turn your ticket in
And get your money back at the door...