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lunedì 5 marzo 2012

lavoro dunque sono

avevi avuto, come tanti (quasi tutti?), altre fantasie sulla tua vita lavorativa. avevi sognato qualcosa che avesse a che fare con gli animali, o con lo studio, qualcosa che allargasse lo spazio, senza siepi che escludessero la vista sull'ultimo orizzonte. poi era arrivato il lavoro vero e avevi iniziato pensando che avresti potuto lasciare in qualunque momento, eri così giovane e immaginosa. e invece la vita o il destino o il coraggio che se uno non ce l'ha non se lo può dare, oppure quell'attitudine (da chi l'avevi ereditata?) di attraversare il mondo cercando di occupare poco spazio,  di non dare fastidio non fare rumore, camminando quasi in punta di piedi,  avevano deciso in modo diverso. e dopo più di 30 anni ti ritrovi ancora nello stesso lavoro, quello che all'inizio non ti piaceva. negli anni hai imparato a contentarti, a trovare motivazioni in alcune piccole cose, truccando il tuo lavoro, fondotinta qua, una botta di rossetto là, un po' di mascara e sembra quasi carino, non trovi?
solo che poi la scatola dei trucchi finisce e un giorno dopo l'altro sei sempre più pesante, più stanca. quanti capi hai cambiato in questi anni? quante ristrutturazioni aziendali ti sei fatta? quanti luoghi di lavoro hai vissuto? in ognuno hai lasciato qualcosa di te, hai perso un piccolo tassello di ciò che credevi di essere. hai cercato di mantenere integra la coscienza, ti sei processata, ti sei assolta perchè hai responsabilità  familiari e non puoi mollare. nel frattempo passano gli anni e ti accorgi che davvero nulla dell'azienda per cui lavori ti piace. non condividi nulla, non ami nulla. l'istituto si incattivisce sempre più, il carrozzone statalista nel quale sei cresciuta è diventato un mostro arraffautili. numeri attivi, l'unica cosa che conta. "il vestito su misura" che un tempo ti avevano insegnato a cucire su ciascun cliente si è trasformato in una tunica cinese, uguale per tutti, basta che si venda. contano solo gli utili. quelli che non rendono vadano pure a sofferenze. e tu, tu che hai cercato di preservare una certa qual integrità, una specie di purezza, ti accorgi che non puoi niente.  la tua azienda ha "il dovere/diritto di fare profitti, non è  un servizio pubblico e deve guadagnare". ipse dixit.
e allora non sai far altro se non seguire il consiglio che ti ha dato non molto tempo fa un cliente arrabbiato.
ti vergogni.

2 commenti:

  1. E invece credo che gente come te riesca ancora a dare un volto umano ad aziende asettiche, multinazionali schiacciasassi, società a scopo di lucro e nient'altro. Per il resto puoi essere te stessa, veramente, su present t e nella vita reale ;-)

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    1. ciao caro, grazie per la stima! pensavo anch'io questo fino a poco tempo fa...ora sinceramente mi sto arrendendo :o))

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